Un righello, un compasso e una matita. Che cosa hanno in comune? Niente. Sono solo gli strumenti che Unem è solito utilizzare tutti i giorni da quando è partito insieme agli altri esuli dall’Isola dell’Abbandono. Lui si trova su una delle tre navi, la Samium, dove passa i giorni a disegnare e progettare quelle che diventeranno le nuove abitazioni di tutti coloro che stanno affrontando questo Viaggio della Salvezza.
Nasce su quella stessa nave che viaggiava ormai da ben 30 anni e fu cresciuto da suo padre, dato che la madre perse la vita durante il parto. Compiuti i 17 anni di età purtroppo, morì prematuramente anche il papà, a causa di una malattia che in quel momento era molto difficile da curare. Il viaggio durò altri 33 anni, però non furono tempi troppo difficili per il giovane Unem anzi, sin dalla tenera età ricevette una solida istruzione dal padre che negli anni gli permise comunque di costruirsi un posto nella società, essendo tra l’altro uno fra i pochissimi architetti rimasti tra il suo popolo, dopo che questa professione iniziò ad essere solo tramandata di padre in figlio.
Un anno prima dell’arrivo sul Continente Zero però, più nello specifico il 1° Albion del 250, lo Shah, Labsaav IV spirò, lasciando gli “abitanti” delle tre navi senza una vera guida. Qualche mese dopo iniziarono ovviamente le prime discussioni su chi doveva prendere il posto dello Shah, ma non si riuscì mai a trovare un vero sostituto. Unem si dedicò attivamente, insieme ad altri, alla ricerca di una figura adatta allo scopo dato che, in cuor suo, sapeva che se le cose si mettessero male, ne andava in gioco la sopravvivenza sua e del suo popolo. Molti però misero in dubbio questo suo comportamento: lo faceva veramente per puro patriottismo e altruismo, o era solo un egoistico senso di sopravvivenza o di tornaconto personale? In questi anni mise spesso in discussione le scelte dello Shah, facendolo finire, a volte, anche nei guai. Molti però lo giustificavano, dicendo che era in una fase adolescenziale un po’ ribelle e che la mancanza di una figura genitoriale alimentava questo suo modo di essere.
Il viaggio però giunse al termine e finalmente si iniziavano ad intravedere i primi sprazzi di terra emersa dopo anni di navigazione. Per Unem e tutti gli altri viaggiatori, stava iniziando una nuova sfida, forse più difficile del viaggio stesso: che cosa li attenderà una volta arrivati? E coloro che ora mai hanno già colonizzato il Continente Zero, come reagiranno nei loro confronti? Riusciranno a trovare un luogo su cui mettere le proprie radici e chiamare una volta per tutte “Casa”? Queste e altre domande scorrono nella testa di tutti, mentre si affacciano dal ponte con lo sguardo fisso verso la terra, pieno di speranza ma anche di preoccupazione.
Un righello, un compasso e una matita. Non sono solo gli strumenti che utilizza Unem tutti i giorni. Ma sono anche gli strumenti di chi ha permesso a lui e al suo popolo di attraversare un’immensa distesa blu, per iniziare una nuova vita.